Palazzo Feudale Capece
Nel 1190 il re normanno Tancredi donò Corsano a Fabiano Securo; Corsano faceva parte della Contea di Alessano nel Principato di Taranto (1088-1463).
Alla fine del XIV secolo Corsano appartenne a Lucrezia Bellante, ai De Frisis nel 1514, ai De Capua, ai Filomarino nel 1596, ai Securo, ai Cicala nel 1613 ed ai Capece nel 1636 fino all'eversione della feudalità, nel XIX secolo (2 agosto 1806).
Nel XVII secolo i Baroni Capece edificavano a Corsano un castello la cui struttura, oggi, appare notevolmente rimaneggiata per le tante aggiunte e manomissioni che nel tempo sono state operate.
Di modeste dimensioni, il castello non offre al visitatore grande motivo di interesse, eccetto per il giardino pensile e un agrumeto.
La costruzione possiede alcuni bassorilievi di modesta fattura artistica e si trovano nelle sale centrali de piano superiore. Come in ogni vecchio maniero, anche per il Castello di Corsano esiste una vecchia leggenda: si dice che i Capece vi fecero costruire un passaggio segreto, u travùcculu (il trabocchetto), cioè un percorso sotterraneo della cui esistenza doveva esserne a conoscenza solo il barone che, in caso di pericolo, avrebbe raggiunto rapidamente l'aperta campagna. Per garantire il segreto di questo passaggio, il barone fece uccidere il progettista e il costruttore dell'opera.
Il Castello di Corsano fino agli anni ottanta veniva utilizzato per il deposito del tabacco, oggi è in stato di abbandono e in attesa di un recupero. Possedeva una cappella dedicata a San Vito ma non vi è traccia tranne che nella memoria degli anziani.
I Capece furono particolarmente devoti a S. Domenico, si dice che, per grazia ricevuta, essendo scampato un loro familiare ad un pericoloso nubifragio, fecero costruire a Novaglie, una cappelletta dedicata al santo.
Oggi la chiesetta non esiste più, tuttavia a memoria della devozione dei Capece e del tempietto, in alcuni passi dell'archivio parrocchiale di Corsano si legge: " ... messe piane celebrate nella cappella di S. Domenico in Novaglie per conto del barone Capece".
Eccetto il castello e qualche chiesetta, i feudatari di Corsano non fecero alcunché per il paese, almeno per tutto il XVII secolo.
Costoro appartenevano alla nobiltà che dalla campagna traeva molte rendite, e i coloni del casale di Corsano conducevano una precaria esistenza poiché tutto, o quasi, veniva incamerato dal barone, il quale esercitava privilegi vecchi e nuovi, tra i quali le tasse sui beni immobili, sui lavori, sul pascolo, le decime che puntualmente pretendeva sulle varie fasi di produzione e di lavorazione dei prodotti agricoli, zootecnici e artigianali.
Il popolo veniva vessato anche dal diritto di privativa secondo il quale era costretto a vendere al barone e ai prezzi che questo imponeva, doveva molire le olive nei frantoi del feudatario, non poteva esercitare determinate attività, delle quali il nobile se ne riservava l'esclusiva, e poi sulle fanciulle incombeva l'umiliante e barbarico jus primae noctis.
In queste condizioni ogni progresso sociale veniva inibito, l'analfabetismo imperava, la miseria morale si aggiungeva a quella economica.
Nemmeno quando furono emanate le leggi eversive della feudalità i baroni si rassegnarono a cedere il loro potere.
A Corsano, le angherie feudali durano fino all'inizio del 900; le delibere comunali, sino al 900, portavano la firma del Barone Capece con il quale si estinse il ramo della famiglia che per secoli aveva signoreggiato a Corsano.
Sitografia: https://www.comune.corsano.le.it/corsano/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/2